L’italiano in Svizzera, Corriere del Ticino

16 Ago 2025

La scorsa settimana a Locarno si è discusso di «Italiano in Svizzera» in un incontro-dibattito proposto dal Forum per l’italiano in Svizzera in collaborazione con la Biblioteca cantonale di Locarno.

Ben sette i relatori che hanno detto la loro sullo sfondo di una domanda che nel sottotitolo della manifestazione si chiedeva «fino a quando ancora una risorsa culturale e identitaria?» Proponendo così implicitamente di riflettere su una pur ipotetica «data di scadenza» per una lingua di minoranza che finora se l’è cavata più che dignitosamente.

Per fortuna a cucire insieme tantissimi spunti di varia natura ci ha pensato con la consueta maestria il direttore delle biblioteche cantonali Stefano Vassere. Ne è uscito per la nostra lingua un bel vestito decoroso, forse non troppo alla moda ma comunque di stoffa buona che dura nel tempo.

L’ha opportunamente sottolineato Rosalita Giorgetti Marzorati (Ufficio federale della cultura), ricordando i benefici del principio di territorialità linguistica in quanto pilastro di una pace linguistica che molti ci invidiano.

Questo encomiabile risultato è stato però fino a oggi in contrasto con il desiderio di maggior sostegno per l’italiano oltre Gottardo, ma per questa prospettiva ci sono cambiamenti in atto, recepiti a livello nazionale dall’ultimo messaggio sulla cultura, come ha ricordato la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti.

Una buona notizia per i numerosi italofoni che risiedono oltre Gottardo: sono circa 650 mila in Svizzera gli iscritti all’AIRE («Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero»).

Ma oltre Gottardo l’italiano incontra le sue belle difficoltà, così come il francese sempre più insidiato negli ultimi tempi dallo strapoteredell’inglese. Lo ha evidenziato un preoccupato consigliere nazionale grigionese Martin Candinas a proposito di molti Cantoni della Svizzera tedesca. Candinas ha inoltre ricordato che si fatica sempre di più a capirsi fra francofoni e tedescofoni negli importantissimi lavori che si svolgono nelle commissioni del Parlamento federale e ha invitato a promuovere con più forza gli scambi linguistici a tutti i livelli.

Rispetto al dominio dell’inglese si è espresso pure il già consigliere di Stato Manuele Bertoli, evidenziando come i giovani scelgano questa lingua non solo in prospettiva globalizzante, ma anche per aggirare quella sorta di convitato di pietra che è lo schwyzerdütsch.

Molto denso il puntuale intervento di Lorenzo Tomasin, professore ordinario all’Università di Losanna (e collaboratore del CdT), che da una parte ha evidenziato come il plurilinguismo sia una forma di «igiene civile» che predispone al dialogo e alla tolleranza, mentre dall’altra spopola un inglese in fondo però meno egemonico di quanto si potrebbe pensare e in perdita di prestigio a causa di fenomeni quali la Brexit e il trumpismo imperante. Auspicata anche una «lega romanza» fra le tre lingue nazionali svizzere neolatine, con un’originaleesortazione a un allargamento allo spagnolo, richiamando il nuovo papa americano che si è voluto presentare al mondo proprio in italiano e spagnolo, tralasciando l’inglese.

Pelin Kandemir Bordoli, vicepresidente della CORSI, ha dal canto suo ricordato come le lingue nazionali godano di buona salute anche grazie alla SSR, veicolo privilegiato di quattro lingue nazionali vive che si rinnovano ogni giorno.

Doveroso e istituzionale il collegamento fra lingua e cultura di Uberto Vanni D’Archirafi, nuovo console generale d’Italia a Lugano, che vede Italia e Svizzera insieme nella promozione della pace sulla scorta di una cultura comune basata sul dialogo.

Pregnanti alcune considerazioni finali del pubblico presente: da chi con elegante accento francese ha detto di avere imparato l’italiano «grazie alla RSI» a chi, novantenne e da dieci anni in Ticino, ha elogiato le moltissime iniziative culturali di qualità del nostro Paese.

La riuscita matinée-colazione di Locarno è un bell’esempio di una ricchezza di cui troppo spesso forse non ci rendiamo conto.

di Alessio Petralli