Una lezione da trarre dalle Svizzere d’altrove, laRegione

10 Nov 2025

Fabio Pusterla, tra gli ospiti di un evento del Forum per l’italiano, riflette dalla sua prospettiva di poeta e docente sulla salute della nostra lingua.

laRegione
10 Nov 2025
di Cristina Pinho


«Il fatto che un Paese in passato sia stato una Svizzera non significa necessariamente che continuerà a esserlo. Questo fatto dovrebbe far riflettere anche quella Svizzera che fino a oggi è stata più svizzera di tutte le altre Svizzere: la Svizzera stessa». A rievocare il monito espresso con tagliente ironia dal grande scrittore zurighese Hugo Lötscher – «uno degli ultimi intellettuali davvero di portata nazionale» – è il poeta, traduttore e docente ticinese Fabio Pusterla, mettendolo in risonanza con lo spirito della serie di incontri promossi in diverse città dal Forum per l’italiano in Svizzera sotto il cappello ‘Italiano in comune. La Svizzera parla italiano’. L’estratto citato, contenuto nel libro di Lötscher ‘Se Dio fosse svizzero’, fa riferimento a Paesi quali l’Uruguay e il Libano che in passato erano stati definiti rispettivamente la “Svizzera del Sud America” e la “Svizzera del Medio Oriente” grazie a caratteristiche come la stabilità, la coesione e la pacifica convivenza che li accomunavano alla nostra nazione, salvo poi vederle andare in frantumi. «La riflessione è che se l’italiano è minacciato, lo è anche l’idea della Svizzera così come normalmente ce la rappresentiamo», traccia il parallelismo Pusterla, che sarà tra gli ospiti del prossimo appuntamento dal titolo ‘La lingua italiana in Svizzera: una ricchezza minacciata’, in agenda giovedì 13 novembre a Lugano (Auditorium dell’Usi, 18.30).

Disaffezione nelle scuole oltre Gottardo

Attualmente secondo Pusterla l’italiano all’interno dei confini elvetici «vive una condizione segnata da elementi sicuramente positivi ma anche da parecchie criticità, queste ultime in particolare al nord delle Alpi – osserva –. Ciò in parte è imputabile all’affievolirsi della risorsa fondamentale dell’italianità oltre Gottardo, vale a dire il portato dell’immigrazione italiana. Siamo giunti alla terza, talvolta alla quarta generazione, e i giovani non necessariamente conservano memoria della lingua e tantomeno della cultura italiana». Questa evoluzione ha conseguenze dirette sulle istituzioni, indica il nostro interlocutore: «L’offerta dell’italiano nelle scuole medie-superiori sta traballando da qualche tempo a questa parte. Sono parecchi i cantoni in cui i licei non propongono più questa possibilità agli studenti o lo fanno ma con una fragilità sempre maggiore». La crisi tocca anche le cattedre universitarie di italianistica: «Una, a Neuchâtel, ha già chiuso, e altre come Ginevra, Berna e Basilea si devono barcamenare con un numero di iscrizioni oggettivamente ridotto». Lo scrittore ticinese mette in luce come d’altro canto questa disaffezione si inserisca nel solco di una crisi più generale degli studi umanistici che non risparmia francesistica e germanistica. Un altro segnale, apparentemente piccolo ma sintomatico del declino, è la scomparsa dei luoghi fisici della cultura: «A Zurigo, analogamente a diverse altre città svizzere, non c’è più una libreria italiana come era la storica libreria romanica».

Tradurre non basta, serve anche promuovere

Nonostante il quadro critico, «la letteratura in lingua italiana in Svizzera è piuttosto fiorente – constata Pusterla –. Sono anche numerose le traduzioni che vengono fatte verso il francese o il tedesco, grazie ad alcuni traduttori molto generosi e ad alcuni editori che accolgono le opere italiane nelle loro collezioni». Tuttavia, riprendendo un altro saggio monito di Lötscher che recita «il Paese del quadrilinguismo è il Paese delle quattro traduzioni. Il fatto che un autore venga tradotto non significa però che venga anche letto», Pusterla afferma che «se il lavoro di traduzione non viene collegato a una continua e reciproca informazione culturale, è soltanto un mezzo passo». A questo proposito «uno dei veicoli storici che hanno a lungo contribuito a diffondere notizie sullo stato della cultura, sulla letteratura, sui migliori prodotti editoriali, ovvero le pagine culturali dei giornali, si trovano da tempo in seria difficoltà sia alle nostre latitudini che in Italia – considera Pusterla –. Esistono sì, ma non sono più quelle di una volta e non offrono garanzie di continuità».

Funzione di antibiotico sociale

Tra i più preziosi alleati nel sostegno della letteratura secondo il poeta ticinese resta la radiotelevisione pubblica – «più la radio che la televisione», specifica – un servizio messo a repentaglio dall’iniziativa 200 franchi bastano volta a dimezzare il canone: «Purtroppo possiamo essere ragionevolmente sicuri che se la proposta passasse in votazione popolare, la prima a farne le spese sarebbe sicuramente la cultura», afferma con amarezza Pusterla. Il dibattito sulla lingua si incrocia qui con la politica, rivelando quella che il nostro interlocutore definisce una sorta di contraddizione: «La diffusa chiusura politica dimostrata nel dibattito sul canone contrasta nettamente con una cultura che apre costantemente porte e finestre verso l’altrove. Ed è triste constatare che gli slogan populisti sul tema hanno spesso la meglio su un pensiero ragionevole e critico che considera gli enormi benefici che come italofoni traiamo dalla situazione attuale». Alla domanda se gli scrittori possano avere un ruolo di primo piano per scongiurare le varie minacce all’italiano, Pusterla risponde che «la buona letteratura ha sempre una funzione di antibiotico sociale. Non è necessario che si occupi esplicitamente di tematiche civili, è il fatto stesso di usare la parola in maniera più complessa, più profonda di quanto non si faccia quotidianamente a costituire un elemento benefico. Se invece la domanda è volta a sapere se gli scrittori vorranno e sapranno assumere una posizione critica, in questo momento storico mi pare che gli autori nel nostro Paese intesi come collettività stiano scegliendo una via di cautela».

L’incontro di Lugano – che come gli altri della serie è promosso in collaborazione con gli Istituti universitari di italianistica e altri enti attivi sul territorio – vedrà Pusterla confrontarsi con Stefano Prandi, direttore dell’Istituto di studi italiani dell’Usi e Lorenzo Erroi, responsabile del Dipartimento cultura e società della Rsi, con la moderazione di Aldo Bertagni, giornalista, coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera. Parallelamente, lo stesso giorno alla stessa ora all’Università di Basilea si terrà un incontro dal titolo ‘Fare senza non si può. Vite in italiano nella Svizzera tedesca’, con al centro nove cittadini di diversa estrazione professionale e sociale; a coordinare sarà Filippo Pecorari della locale Università. Durante la serata le due città creeranno un ponte simbolico grazie a un collegamento streaming per un breve scambio di opinioni sull’impegno comune.