Pubblichiamo il commento di Moreno Bernasconi pubblicato il 23 luglio 2024 sul Corriere del Ticino.
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Di Moreno Bernasconi
(membro del CdA di Pro Helvetia dal 2006 al 2014 e del Consiglio dell’Istituto svizzero di Roma dal 2009 al 2016)
La decisione di Pro Helvetia di chiudere la sede di Palazzo Trevisan a Venezia, uno dei tre pilastri della presenza culturale della Svizzera in Italia (insieme con Roma e Milano), dimostra quanto poco conti per gli attuali vertici della politica culturale elvetica l’italianità del nostro Paese. Se per di più – come pare – si decide di abbandonare la sede di Venezia ma ci si rifiuta di chiudere quella di Mosca, allora c’è da porsi qualche seria domanda sui vertici di Pro Helvetia. Mentre si tagliavano e si tagliano fondi alle istituzioni culturali svizzere in Italia, il direttore della fondazione ha infatti condotto una politica nei confronti della Russia che ha suscitato un profondo malessere in seno alla stessa Pro Helvetia. Lo attesta un’inchiesta indipendente rivelata dalla NZZ. In particolare, la decisione di finanziare una residenza in Svizzera di un’artista russa chiamata dal Governo di Putin a dirigere un’importante istituzione culturale a Mosca (dopo l’inizio della guerra). E il fatto – molto imbarazzante – che per guidare uno dei settori chiave di Pro Helvetia alla centrale di Zurigo, il direttore abbia chiamato la ex responsabile russa della sede di Mosca … che era la sua compagna.
Viste le critiche, il Consiglio di fondazione ha costretto il Direttore ad ammettere obtorto collo che le attività svolte a Mosca non potranno continuare nella forma attuale, ma di abbandonare la sede in Russia egli non ha fatto menzione. Il fatto che il Direttore abbia finito per annunciare la sua partenza (ma non prima della metà del 2025) non cambia le cose. La decisione (sostenuta dal Consiglio di Fondazione) di abbandonare la sede di Venezia la dice lunga sul valore che gli attuali responsabili di Pro Helvetia assegnano al ponte culturale fra l’Italia e la Svizzera e in particolare all’italianità del nostro Paese. Quando era alla testa di Pro Helvetia, il grande storico svizzero Jean Rudolf von Salis affermò che le diverse lingue e culture del nostro Paese stanno in un rapporto non di maggioranza/minoranza ma “di uno a uno”. Allora, l’istituzione era retta da uomini di grande spessore intellettuale e grandi visioni, consci del valore delle grandi culture europee e dell’importanza per la Svizzera di una loro felice integrazione e promozione. Come si vede, sono tempi passati. Già nei primi Anni Duemila Pro Helvetia aveva manifestato crassa incomprensione sull’importanza strategica di una presenza artistico-culturale svizzera forte a Milano. Ci volle una mobilitazione corale dei rappresentanti italofoni nelle istituzioni culturali svizzere, dei sostenitori dell’Italofonia in Parlamento, del Canton Ticino, della città di Lugano e dell’USI per evitare la chiusura del Centro svizzero di Milano.
Il Consiglio federale confermò la volontà di mantenere e rilanciare la presenza culturale svizzera in Italia, segnatamente grazie ad un accresciuto ruolo artistico-culturale dell’Istituto svizzero di Roma (ISR) anche nella sede di Milano. Oggi, in una situazione finanziaria difficile per la Confederazione, siamo di nuovo ai piedi della scala. Pro Helvetia ha infatti deciso non solo di abbandonare Venezia, ma di tagliare del 21% (ventuno) in 5 anni i fondi per l’ISR. È evidente l’intenzione di tagliare pesantemente sull’Italianità per rifinanziare le proprie attività altrove. Se la Confederazione vuol continuare ad essere un Paese che promuove le sue lingue e culture diverse, bisogna che obblighi Pro Helvetia a rifare i conti. In tempi finanziariamente difficili un Paese deve essere disposto a fare sacrifici, questo è chiaro: e anche l’ISR deve fare la sua parte. Ma con tagli ragionevoli e non tali da compromettere la funzione essenziale che esso svolge per l’italianità della Svizzera, con notevole successo e a costi assai ridotti. E se proprio la miope Pro Helvetia non riesce più a capire l’importanza della sua sede a Venezia, si faccia in modo che sia l’ISR a riprendere le attività artistico-culturali di Palazzo Trevisan nella Serenissima. Ancora una volta, l’italianità va difesa.
fonte: https://www.cdt.ch/opinioni/commenti/litalianita-va-difesa-358500